Sei una persona puntuale o tendi ad arrivare in ritardo? Cosa pensi di chi arriva in ritardo? La psicologa ci spiega cosa si nasconde dietro questa fastidiosa tendenza. Gli italiani non sono i più puntuali d’Europa, lo sappiamo bene. Ma ci sono alcune regole in materia di puntualità che, più o meno, tutti rispettiamo.
Perché ci sono persone che arrivano sempre in ritardo?

La prima domanda che ci poniamo tutti quando quel caro amico arriva con mezz’ora di ritardo (come sempre) è: perché lo fa? Non sa organizzarsi o c’è qualcos’altro? Secondo Olga Albaladejo, le spiegazioni più comuni a questo fenomeno sono le seguenti.
1. Bassa percezione del tempo
Ci sono persone, ci spiega la psicologa, che hanno “una distorsione nella stima del tempo reale che impiegano per fare le cose. Vivono con quello che la neuropsicologia chiama ‘ottimismo temporale cronico’. Credono sempre che ‘hanno ancora tempo’”.
In molti casi, aggiunge l’esperta, “questa alterazione della percezione del tempo è stata collegata a ciò che viene chiamato time blindness (cecità temporale), un fenomeno frequente nelle persone con ADHD e ansia”. Queste persone non riescono a misurare bene la durata dei compiti con il loro orologio interno, il che provoca ritardi cronici.
2. Tratti evitativi o ansia sociale
Un’altra possibilità, spiega Albaladejo, è ritardare l’arrivo come strategia inconscia (o conscia) per evitare situazioni che mettono a disagio o generano una grande esposizione, come entrare in una riunione o in un gruppo che ha già iniziato. Oppure essere il primo ad arrivare e trovarsi in una situazione imbarazzante con un collega con cui non si ha particolare confidenza.
3. Bassa tolleranza alla struttura
Inoltre, continua Albaladejo, ci sono persone che “hanno difficoltà ad anticipare, pianificare o seguire una sequenza organizzata”. Questi profili, come nei casi precedenti, possono “sovrapporsi a persone con ADHD (disturbo da deficit di attenzione con o senza iperattività)”, spiega la psicologa, anche se non è sempre così.
In questo caso, “la mancanza di capacità di gestione del tempo e la difficoltà a inibire gli impulsi sono direttamente associate a ritardi ripetuti”, afferma l’esperta.
4. Credenze sopravvalutate su se stessi
In alcuni casi, forse più preoccupanti, questi ritardi sono associati, secondo la psicologa, “a dinamiche narcisistiche o a un bisogno inconscio di marcare il territorio arrivando in ritardo”. Come se quella persona, con il suo ritardo, dicesse “il mio tempo è più importante del tuo”.
5. Saturazione mentale o eccesso di carico emotivo
Come psicologa, Albaladejo ha trattato in consultazione molte persone che rispondono a un altro profilo, quello di coloro che “non riescono proprio a gestire la propria vita”.
“In consultazione molte persone raccontano che non arrivano in ritardo per distrazione, ma semplicemente perché non riescono a stare al passo”, afferma l’esperta. “Si ritrovano a concatenare compiti in un ciclo di urgenze invisibili che finisce per divorare la loro agenda”.
A questa situazione, che lei riconosce essere più frequente nelle donne, si aggiunge un grande “sovraccarico mentale”, che “contribuisce anch’esso a questa distorsione, poiché sono attente a molteplici responsabilità invisibili che gli altri non vedono”.
6. Scarsa consapevolezza e pianificazione deficitaria
Infine, è possibile che quella persona semplicemente non sappia organizzarsi. “Recenti studi hanno dimostrato che le persone poco puntuali tendono ad avere un punteggio più basso in termini di consapevolezza e urgenza temporale. È stato anche dimostrato che sottostimiamo del 40% il tempo necessario per svolgere le attività quotidiane, un fenomeno noto come fallacia della pianificazione”, spiega Albaladejo.
È ora di agire

I ritardi costanti sono esasperanti, per questo l’esperta non è del tutto convinta che valga la pena continuare a frequentare qualcuno che arriva sempre in ritardo. Il suo consiglio è quello di valutare, prima di decidere se continuare o meno a vedere quella persona, i seguenti aspetti:
- Il tipo di relazione esistente. “Non è la stessa cosa un’amicizia occasionale e una relazione professionale o di coppia”, afferma Albaladejo.
- La frequenza e il contesto. “È sempre così? In qualsiasi tipo di appuntamento? C’è una giustificazione parziale?”, chiede la psicologa. Queste risposte sono importanti per prendere una decisione giusta.
- Le conseguenze emotive. La psicologa ci invita anche a chiederci se ci sentiamo “poco apprezzati, frustrati o messi in secondo piano”. In questi casi, assicura che “la domanda non è se continuare a frequentarsi, ma come proteggere il proprio benessere emotivo in quella relazione”.
- La possibilità di parlarne. Per concludere, Albaladejo ci invita a porci alcune domande, come: “La persona riconosce la sua mancanza di puntualità e cerca di migliorare? O la minimizza, ride o la nega?”.
La sua conclusione, dopo aver preso in considerazione questi fattori, è che dobbiamo sapere che “come in ogni relazione, l’importante è la qualità del legame e come ci sentiamo quando condividiamo il tempo, non solo il tempo in sé. Una persona che arriva in ritardo, ma poi è pienamente presente, può essere più stimolante di qualcuno che arriva puntuale, ma è assente”.